Come può il Teatro insegnarci qualcosa su noi stessi ?
Il Teatro è stata un’invenzione proveniente da una mente superiore. E come ogni invenzione l’uso dipende dalla comprensione che ne hanno le persone.
La stessa tecnologia nucleare può essere usata in maniera costruttiva per fornire energia ad una intera città, così come la stessa città può essere rasa al suolo da un uso distruttivo della stessa identica tecnologia.
Quindi, in che modo oggi viene usato il teatro? E soprattutto in che modo invece veniva usato alla sua origine?
Ad oggi il Teatro e le sue evoluzioni (televisione, cinema, ecc..) hanno lo scopo di distrarre le persone. Ti sarà capitato di osservare che quando hai delle emozioni negative una parte in te potrebbe suggerirti di accendere la televisione o guardare una serie televisiva per “distrarti”. Ogni tanto sentiamo persone dire “vado al cinema per distrarmi”. Distrarsi etimologicamente significa “separazione” o “disgiunzione”. Nel nostro caso quindi questo modo di andare a teatro diventa un modo di separararci dalle domande che potrebbero oggi averti portato qui su questo articolo.
Ma siamo proprio sicuri che questo è lo scopo per cui è stato creato il Teatro?
Partiamo dall’inizio. La parola Teatro viene dalla parola greca θεάομαι (Teomai) che significa osservare. Difatti a Teatro si osservano gli attori e lo spettacolo in generale. Ma per chi è uno studente della Quarta Via questa parola “Osservazione” non è per niente così scontata. E’ una parola che nasconde in sé lo sforzo principale di chi aspira un giorno a diventare diverso da com’è oggi.
Difatti nella Quarta Via la parola osservazione viene usata non per indicare la sola osservazione di qualcosa di esterno. Ma bensì viene usata per riferirsi allo sforzo di osservare se stessi “nel” mondo esterno. Questo sforzo di amplificare l’osservazione, cogliendo non solo lo spazio esterno e fisico ma anche il proprio spazio interno e psicologico, viene chiamata divisione dell’attenzione. E’ da questo punto che ogni ricercatore della verità dovrebbe partire.
Inoltre studiando le opere del più grande drammaturgo del mondo conosciuto, William Shakespeare, possiamo imparare qualcosa di più sullo scopo del teatro.
Una delle sue più grandi opere è “La tragedia di Amleto, principe di Danimarca”, scritta nel 1602. In quest’opera Shakespeare usa le parole di Amleto per evidenziare lo scopo del teatro “da quando è nato ad oggi”. E così il principe Amleto prima di mettere in scena uno spettacolo da lui ideato, dice ad uno degli attori:
“L’esagerazione, in queste cose, è contraria allo scopo del teatro; il cui fine, da quando è nato ad oggi, è di regger lo specchio alla natura, di palesare alla virtù il suo volto, al vizio la sua immagine, ed al tempo e all’età la loro impronta.” – “La tragedia di Amleto, principe di Danimarca”
Prendendo spunto da questo “messaggio nascosto”, gli studenti della beperiod si sono incontrati in teatri antichi di circa 2000 anni per usare il teatro con questo fine: “Regger lo specchio alla Natura”. In particolare, nel teatro romano di Sepino e di Benevento hanno usato il teatro per “Palesar al Vizio la sua Immagine”.
A questo punto ci si potrebbe chiedere, qual è il vizio principale dell’essere umano?
Durante il tempo trascorso insieme abbiamo letteralmente messo in scena i momenti della nostra vita dove questo vizio si palesava maggiormente. Abbiamo esplorato questi momenti alla luce di una funzione che tendiamo a non utilizzare nella nostra vita: l’autosservazione.
“Il metodo fondamentale per lo studio di sé è l’osservazione di sé. Senza una osservazione di sé eseguita in modo corretto, un uomo non comprenderà mai come le diverse funzioni della sua macchina siano collegate e in correlazione tra loro, non comprenderà mai come e perché, in lui, ‘tutto accade”.
Eh già l’essere umano ha un vizio di cui non è consapevole. Un vizio che tendiamo a non notare mai a meno che qualcuno, facendo da specchio, ce lo mostri. Così come gli occhi non possono guardare se stessi se non mediante uno specchio, noi non possiamo vedere questo difetto senza un aiuto esterno.
Questo difetto nascosto, ignorato dalle masse e nascosto principalmente a causa della pigrizia che risiede nel nostro pensiero, si chiama “sonno”. L’essere umano è letteralmente addormentato al suo enorme potenziale; Potenziale che non sviluppa in quanto ritiene di essere già pienamente sviluppato. Ed in questo stato di semi-vigilanza ci sfuggono innumerevoli aspetti del nostro essere, il più importante di questi è che l’essere umano è paragonabile a tutti gli effetti ad una macchina che viene messa in moto dalle influenze esterne. O se preferite siamo come dei burattini, mossi da fili che non riusciamo ad osservare.
Appena svegliati al mattino non siamo noi che decidiamo di cominciare a pensare, sono i pensieri che partono in automatico. Non siamo noi che decidiamo di non reagire ad un capo saccente ed arrogante, è la nostra paura delle conseguenze che ci costringe ad agire da “bravo dipendente”. Durante una lite familiare non siamo noi che scegliamo le parole da dire, il modo in cui dirle e il tono da usare. E’ invece una provocazione esterna a dettare il modo in cui risponderemo alla situazione. Noi possiamo solo accorgerci, dopo la lite, di quanto siamo esausti. E ancora, durante una riunione di lavoro non siamo noi a decidere di urlare contro i nostri dipendenti, ma bensì sono le parole di questi ultimi che attivano una reazione al nostro interno. Schiavi inconsapevoli di questa “reazione” possiamo rimanere bloccati in questi circoli viziosi di odio e rabbia per anni.
Questa è la condizione dell’essere umano che Gurdjieff chiamava “Prigione”
“L’inferno è vuoto, tutti i diavoli sono qui” – La Tempesta, William Shakespeare
Questi ed altri scenari di prigionia sono stati messi in scena dagli studenti della beperiod con lo scopo di “alzare una specchio sulla natura umana” e renderci conto del nostro difetto principale e cioè che cosi come siano, in noi “Tutto Accade”.